Uno e sette
Il riso è un linguaggio universale che abbatte le barriere linguistiche ed elimina le ostilità, contribuendo a superare le diversità socio-culturali.
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- 04. Prima di parlare bisogna ascoltare
- 05. Le parole sono un ponte
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• Quale ruolo gioca la comunicazione non verbale nelle relazioni interpersonali?
• In che modo può diventare un ponte tra bambini/e?
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Leggi la favola “Uno e sette” di Gianni Rodari
L’insegnante legge la storia alla classe e instaura una breve riflessione guidata sul messaggio che tale testo vuole significare (che vuol dire che i sette bambini sono un bambino solo? Quali sono le cose che hanno in comune? E quelle che li rendono unici?)
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7 bambini/e a estrazione vengono scelti/e per interpretare i 7 personaggi della storia. Tramite gesti ed espressioni comunicano tra di loro e mimano il personaggio assegnato. Per alzata di mano, il resto della classe cerca di indovinare le interpretazioni.
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L’insegnante legge, al termine della rappresentazione, il seguente estratto del racconto: «[…] erano lo stesso bambino, e ridevano nella stessa lingua. Ora sono cresciuti tutti e sette, e non potranno più farsi la guerra, perché tutti e sette sono un solo uomo».
Successivamente, l’insegnante chiede agli studenti/esse quale sia il significato profondo di queste parole e raccoglie le loro risposte sulla lavagna.
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A turno, vengono scelti 7 componenti della classe e i/le rimanenti devono descriverli a voce singolarmente, mettendo prima in rilievo le differenze (Anna è bionda, Marco è moro, Giulia sa giocare a calcio, Luca sa ballare), e poi i punti in comune (hanno la stessa età, frequentano la stessa scuola, abitano nella stessa città e soprattutto hanno gli stessi diritti).
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Ognuno/a dovrà inventare una piccola storia (scritta o a fumetti) con i 7 protagonisti del racconto di Rodari, ma cambiando alcune variabili: “Che cosa succederebbe se… Paolo si trasferisse a Mosca, se il padre di Kurt andasse a lavorare in una fabbrica di automobili…?” I bambini continuerebbero a ridere nella stessa lingua e dunque a comprendersi, perché la latitudine o il lavoro dei genitori non incidono su un linguaggio universale come il sorriso.
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