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Secondaria 2° grado

Virtualiter

In collaborazione con Giovanni Grandi

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    • 01. Virtuale è reale
    • • Che cosa si intende per “virtuale”?

      • In che senso i social media sono un “ambiente” e non un semplice “mezzo di comunicazione”?

      • Quel che accade online genera conseguenze offline?

      • Si possono “prevedere” le conseguenze (positive o negative, specie per quanto riguarda le relazioni interpersonali) dei discorsi che facciamo e delle parole che scegliamo per esprimerci?

Svolgimento
105'
  • Racconta cosa significa per te “virtuale” con carta e penna

    Si inizia dall’esplorazione soggettiva del significato di “virtuale”. Ci sono parole che utilizziamo comunemente ma che alle volte ci riesce difficile definire con precisione perché potrebbero significare cose diverse. Forse “virtuale” è una di queste? L’insegnante invita alunni e alunne a scoprirlo.

    Per iniziare, tra le parole riportate di seguito studenti e studentesse dovranno sceglierne due che sembrano loro più adatte per esprimere il significato di “virtuale” e usarle per costruire una propria definizione di questo termine: immaginario, finto, ambiente, alternativa, artificiale, autentico, dimensione, distanza, incontro, potenziale, sicurezza, simulato, relazioni.

  • Leggi, rifletti e condividi

    Nella seconda parte ci si confronta con una definizione tecnica del termine “virtuale” per poi rielaborare cooperativamente una definizione condivisa, potendo espandere il lavoro attraverso la consultazione di una fonte diretta in inglese o in italiano. L’obiettivo del primo gruppo di attività è l’acquisizione dell’idea di un “ambiente” in cui si sviluppano conversazioni e relazioni reali.

    Qui di seguito l’insegnante trova una definizione corrente di “realtà virtuale” di Marcello Carrozzino (“Nuove tecnologie per le humanities” di Marcello Carrozzino, in V. Neri a cura di, Nuove tecnologie, immagini e orizzonti di senso. Prospettive interdisciplinari contemporanee, Pisa University Press, 2017, pp.12-13). Allievi/e dovranno leggerla, osservarne le differenze e le corrispondenze con le proprie definizioni e notare se c’è qualcosa a cui non avevano pensato e che li/le colpisce:

    «La realtà virtuale può essere definita come una tecnologia complessa, basata su tecnologie di più basso livello (come la grafica 3D, l’audio digitale, la robotica, ecc.), il cui fine è ricreare un ambiente in cui l’utente si senta completamente immerso e con il quale possa interagire. Questa definizione “orientata alla tecnologia” della VR può forse aiutare nel rendere i suoi fondamenti e le sue applicazioni più chiare al grande pubblico, anche se da un certo punto di vista ne può attenuare le suggestioni relative alla sua visione come “realtà alternativa”. Lo stesso ossimoro “realtà virtuale”, coniato nel 1989 da uno dei suoi pionieri, Jaron Lanier, ha probabilmente contribuito a creare le condizioni per un’ambiguità di fondo nella quale la VR veniva accostata impropriamente a un po’ di tutto: la TV, il cinema, la letteratura, perfino il sogno. Proprio per questo motivo gli specialisti del settore hanno da tempo adottato per questa disciplina la denominazione, forse meno seducente ma più precisa, di “Tecnologie di Ambienti Virtuali”».

    L’insegnante inviterà allievi/e ad annotare di seguito un aspetto del “virtuale” che corrisponde alla loro propria definizione e uno a cui non avevano pensato, e a condividere questi due appunti in un piccolo gruppo di lavoro, creando quindi la loro definizione e cercando di fare in modo che sia più breve possibile.

  • Guarda il video e discuti con i compagni di classe

    Si prosegue con uno sviluppo della riflessione etica, sempre legandosi al termine “virtuale”, per osservare i nessi tra parole e gesti, aggiornando, con l’aiuto di un quiz, la propria comprensione del significato di “virtuale è reale”.

    Il virtuale è un ambiente in cui possiamo anche costruire, stringere o (alle volte capita) rovinare o rompere delle relazioni, soprattutto per via delle parole che scegliamo. Hai mai notato che quando litighiamo ci accade di usare un linguaggio o delle parole offensive di cui poi ci pentiamo? Ci sono cose che riconosciamo che “non volevamo dire”, eppure siamo stati proprio noi a scriverle. Com’è accaduto?

    L’insegnante farà quindi ascoltare il clip “Virtuale è reale” di Giovanni Grandi, che offre uno spunto per comprendere il legame tra le parole e i gesti, a partire da un altro significato del termine: “virtuale” viene infatti da una parola latina, virtus, che significa capacità, ma anche potenza, potere, possibilità di realizzare e di diventare; nel Medioevo i filosofi utilizzavano l’avverbio “virtualmente” proprio per indicare le evoluzioni prevedibili dei pensieri e delle parole che scegliamo e che chiamano in causa la nostra responsabilità.

    Ora che allievi/e hanno ascoltato anche i suggerimenti della breve clip, devono provare a individuare le affermazioni che sembrano loro più corrette a partire dal principio “Virtuale è reale”, per confrontarsi poi con gli/le altri/e e discuterne insieme.

    • Il virtuale è una dimensione simulata, è una realtà alternativa e senza collegamenti con il mondo offline.
    • Il virtuale è un ambiente tecnologico in cui si incontrano persone reali e si creano relazioni e conversazioni reali.
    • Nell’ambiente virtuale possono avviarsi discorsi, scambi e interazioni che generano conseguenze anche nella dimensione off-line.
    • Le cose che accadono nell’ambiente virtuale (conversazioni, promesse, minacce…) non hanno risvolti o conseguenze nel mondo reale.
    • Non possiamo mai sapere dove ci porteranno i discorsi e le conversazioni, è inutile preoccuparsene.
    • L’evoluzione delle conversazioni e degli scambi online dipende anche dalle parole che utilizziamo, per questo è importante curare il linguaggio.
  • Confronto e discussione utilizzando carta e penna

    Si conclude con una attività di ingaggio personale, finalizzata a riconoscere nella propria esperienza di chat parole e modi espressivi costruttivi e, viceversa, negativi per le persone e le relazioni, valorizzando l’idea dell’evoluzione dei discorsi e della possibilità di incidere sugli sviluppi possibili attraverso le proprie decisioni e la cura nell’esprimersi.

    Proviamo quindi, a ricapitolare gli spunti che sono stati trovati in questa attività:

    1. il “virtuale” è un ambiente in cui si attivano conversazioni e relazioni;
    2. i discorsi fatti online generano conseguenze nelle vite delle persone;
    3. le parole che scegliamo hanno il potere di fare bene o di fare male agli/alle altri/e.

    Tenendo presente questi spunti, allievi/e saranno chiamati/e a individuare un fatto esemplare che è stato virtuale-reale, una conversazione “virtuale” che, per come si è sviluppata, ha avuto un impatto “reale” nella relazione tra le persone coinvolte o spettatrici.

    Provare a riconoscere tra i messaggi presenti nelle proprie chat due tipi di contenuto:

    • uno scambio negativo, in cui le persone coinvolte si sono espresse in un modo o con parole che, secondo il proprio parere, non avrebbero utilizzato se si fossero trovate fisicamente l’una di fronte all’altra, magari alla presenza di altre persone;
    • uno scambio positivo in cui a partire da un conflitto o da un malinteso qualcuno/a ha trovato le parole giuste per riportare pace, per chiedere scusa, per spiegarsi meglio.

    Annotare solo i contenuti, non i/le protagonisti/e, e poi spiegare agli/alle altri/e perché sono stati scelti questi due scambi, e cosa si nota di negativo e cosa di positivo.

  • Lettura e discussione in classe in inglese

    È possibile sviluppare un approfondimento sul significato di “virtuale” leggendo l’intervista di J. Lanier (in inglese, “A Portrait of the Young Visionary” di Jaron Lanier, in “Whole Earth Review”, 1989, pp. 108-119, la si può trovare cliccano questo link).

    Il link potrebbe essere proposto con un QR Code con questa stringa di introduzione sulla scheda:

    • “Curiosità: la parola ai “pionieri”. Cosa intendeva per “realtà virtuale” Jaron Lanier, quando ha impiegato questa espressione? Qui trovi il link al testo dell’intervista del 1989, comparsa sulla “Whole Earth Review”.”

    L’intervista è in inglese, allievi/e potrebbero tradurla. L’approfondimento può essere utile volendo inserire un elemento di connessione con l’insegnamento della lingua inglese. Sarebbe in ogni caso utile provvedere una trascrizione del testo inglese e una traduzione in italiano, nel caso in cui si volesse semplicemente risalire alla fonte dal punto di vista dei contenuti.

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